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Le ricerche effettuate dagli utenti possono insegnarci qualcosa sulle relazioni

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In qualità di user researcher, scrittrice, autrice e illustratrice, Ximena Vengoechea ha maturato un'enorme esperienza impiegando le sue capacità d'ascolto professionali per aiutare le aziende a conoscere meglio o propri clienti effettivi e potenziali. Il suo libro Listen Like You Mean It accompagna i lettori attraverso le diverse strategie e tecniche utilizzate da Ximena durante il suo lavoro, con l'obiettivo di affinare le capacità di ascolto, apprendere alcuni principi fondamentali e riuscire ad applicare queste informazioni nella vita reale. Squarespace ha avuto l'occasione di parlare con Ximena della riscoperta de "l'arte perduta della vera connessione", di come mantenere le proprie relazioni durante la pandemia, e di come riesce a trovare equilibrio nella sua vita.

SQUARESPACE: Lavorando in qualità di ricercatrice, hai passato molto tempo aiutando le grandi società tecnologiche a conoscere meglio la platea dei loro clienti. Qual è la tua filosofia di ricerca quando arriva il momento di approcciarti a queste sessioni?

XIMENA VENGOECHEA: Sono due le cose che cerco di tenere a mente per ogni studio che svolgo: rispondere alla domanda giusta, e provare a divertirmi. Chi svolge ricerche sugli utenti finali non ha solo il compito di capire i partecipanti all'indagine, ma anche i propri committenti. Spesso accade che un collega mi sottoponga un quesito del genere "di quali funzionalità abbiamo bisogno affinché le persone acquistino sulla nostra piattaforma?", mentre quello che realmente vuole è la risposta ad un diverso insieme di domande, come "perché le persone acquistano online? Che tipo di persone fanno acquisti online? Quali sono i loro bisogni e le loro motivazioni?" Il compito di un ricercatore è "spacchettare" il quesito posto alla superficie per scoprire quale sia la domanda reale che sta alla base della ricerca, e progettare uno studio che permetta di trovare una risposta. É qui che inizia il divertimento, perché ci sono tantissimi approcci creativi che è possibile adottare per rispondere alla domanda centrale di una ricerca, se ci si concede il tempo di esplorare un po'. Può essere facile ripiegare su metodi ben collaudati o su approcci diretti per portare a termine il lavoro, e spesso questo è proprio ciò che è necessario fare, ma altre volte esistono modi nuovi e inediti per avvicinarsi a un problema, se ci si sofferma abbastanza a lungo a considerare delle alternative. Nelle sessioni di ricerca mi piace sperimentare approcci differenti, come ad esempio introdurre collage, filmati, illustrazioni, giochi ed esercizi interattivi per mantenere una certa freschezza. Se la progettazione dello studio mi annoia, è segno che è arrivato il momento di provare qualcosa di nuovo. 

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SQSP: Il tuo nuovo libro, Listen Like You Mean It, mira ad aiutare coloro che cercano di "riappropriarsi dell'arte perduta della vera connessione." Cosa ti ha ispirato inizialmente a scrivere su questo tema?

XV: Come ricercatrice dell'utenza finale ho uno dei lavori più incentrati sulla persona di tutto il settore tecnologico. Ho l'opportunità di intervistare e osservare le persone, cercando di capirle a un livello umano e reale, con le loro speranze, aspirazioni, hobby e bisogni, e non come clienti anonimi o numeri. L'addestramento che ho ricevuto mi ha insegnato a porre domande pertinenti, ad ascoltare con attenzione ed empatia e ad osservare i partecipanti, che spesso sono degli sconosciuti che non rivedrò mai più e con cui potrò passare un tempo limitato, per poterli capire meglio e aiutare i miei team a creare prodotti capaci di soddisfare i loro bisogni. Man mano che l'addestramento progrediva, notavo anche quanto più in profondità ero in grado di portare le conversazioni al di fuori dell'ambiente di lavoro. Ho cominciato a capire meglio i miei colleghi, e questo ha migliorato la collaborazione con loro. Potevo cogliere più prontamente quando le mie eccentriche abitudini di ascolto intralciavano l'approfondimento di una conversazione o di un rapporto, e potevo "ritornare al presente" più facilmente per poter essere di supporto agli altri. 

Conoscendo questo aspetto, e soprattutto in questo momento di disunione politica e culturale, in cui molti di noi si sentono alienati, soli e perfino incompresi, oltre all'isolamento geografico che così tanti di noi stanno vivendo a causa della pandemia, volevo aiutare gli altri a rendere più profonde le relazioni nelle loro vite. Invece di provare solitudine, voglio aiutare le persone, con l'ascolto, a sentirsi più comprese, accettate e apprezzate nelle loro vite. Ho scritto Listen Like You Mean It, un libro basato sulle mie esperienze come ricercatrice, per aiutare i lettori a diventare degli ascoltatori migliori a casa, nella vita domestica, con gli amici e perfino con sconosciuti, e instaurare relazioni più solide. Il libro è pieno di consigli e trucchi frutto dell'esperienza nel laboratorio di User Experience, di stimoli all'auto-riflessione e di esercizi di ascolto, pensati per aiutare le persone a sviluppare le loro capacità d'ascolto negli scenari della vita personale e lavorativa che viviamo ogni giorno. La mia speranza è che i lettori si sentano ispirati a mettere in pratica questi insegnamenti, in modo che tutti noi possiamo sentirci maggiormente connessi l'uno con l'altro. 

SQSP: Dall'inizio della pandemia molte persone hanno dovuto apportare cambiamenti drastici al proprio stile di vita personale e professionale. In che modo ripensare il modo di ascoltare i propri amici, colleghi o familiari può aiutare le persone che cercano di mantenere le loro connessioni nel bel mezzo di una crisi?

XV: Questo è il momento perfetto per ripensare il nostro modo di ascoltare, poiché ci troviamo in una situazione radicalmente diversa da qualsiasi altra cosa abbiamo vissuto. Ciò significa che le nostre vecchie abitudini di ascolto potrebbero non essere più ciò che ci serve, ed è necessario un adattamento. Il modo in cui ci relazionavamo agli altri prima poteva bastare, ma considerata la posta in gioco e l'incertezza emotiva che molti di noi stanno vivendo, questo è il momento giusto per verificare se il nostro approccio sia ancora valido. Consiglio di riflettere su ciò che definisco la nostra "modalità di ascolto predefinita", ovvero come tendiamo a porci in una conversazione, senza pensarci. Ad esempio, alcuni di noi sono dei risolutori di problemi naturali e tendono ad ascoltare tutto tramite quel particolare filtro, anche se magari non c'è nessun problema effettivo da risolvere. Altri invece rientrano più nella categoria dei "validatori", sempre pronti a riaffermare la giustezza delle posizioni del loro interlocutore (anche quando non sono poi così giuste!) anche quando la situazione richiede una reazione differente. Ancora, c'è chi ascolta tramite un filtro di mediazione ed è pronto a dissezionare una data situazione cercando di comprendere il punto di vista di ognuno, quando ciò che invece ciò di cui l'interlocutore ha realmente bisogno è una rassicurazione sul fatto che il suo punto di vista, indipendente da quello di chiunque altro, sia valido. Tutte queste modalità di ascolto sono perfettamente legittime e valide, ma se rimaniamo aggrappati alla nostra modalità predefinita senza domandarci (o domandare agli altri) se essa sia effettivamente ciò di cui si ha bisogno in quel momento, possiamo perderci ciò che invece è realmente necessario ai fini del dialogo. In questo contesto, dove i nostri mondi sono stati buttati sottosopra, è meglio avvicinarsi alle conversazioni non partendo dalle nostre modalità di ascolto predefinite, ma da una prospettiva di curiosità, umiltà ed empatia. Questo ci permetterà di capire dagli altri ciò di cui hanno bisogno nel dialogo, e di rispondere in modo appropriato.  

SQSP: Quando non lavori come ricercatrice o non sei impegnata a scrivere un nuovo libro, ti dedichi alla tua attività di illustratrice. In che modo l'aggiunta di un un elemento visivo al tuo lavoro contribuisce a rendere più chiaro il messaggio ai tuoi destinatari?

XV: Utilizzo le immagini per comunicare in modo semplice idee complesse, e idealmente con un pizzico di humour e giocosità. Cerco di evitare di utilizzare le immagini a puro scopo decorativo, visto che il mio intento è quello di aiutare i lettori a capire un'idea o un concetto. Nello specifico, credo che per un discente visivo avere a disposizione un'immagine a cui ancorare un'idea sia di grande aiuto. Per i discenti verbali un'immagine può servire a sottolineare, riassumere o enfatizzare un idea, in modo che rimanga in mente in modo più vivido. Le persone apprendono in modi diversissimi, per questo mi è parso assolutamente naturale comunicare le mie idee in più di un modo.

SQSP: Da brava multitasker di successo, di solito segui contemporaneamente una varietà di progetti. Come riesci a gestire la tua agenda giornaliera in modo da trovare spazio per tutte le cose che porti avanti?

XV: Chiunque coltivi un hobby o gestisca un'attività in aggiunta al lavoro "ufficiale" sa quanto sia difficile giostrarsi tra le due realtà, ma nel corso degli anni ho imparato molto su ciò che funziona bene per me. Nella mia esperienza, è fondamentale conoscere il proprio stile di lavoro e sapere quando è possibile rubare un po' di tempo. Sono un tipo mattiniero ed è al mattino che mi riesce meglio pensare in modo creativo e strategico, pertanto per me quello è il miglior momento per scrivere. Arrivata al pomeriggio sono cotta, quindi invece di scrivere preferisco leggere o ricercare un tema che mi interessa, illustrare alcune delle idee più complesse che ho esplorato con la scrittura, oppure discutere con qualcuno per approfondire un'idea. Cerco di seguire il mio ciclo di produttività e i miei livelli di energia naturali per sfruttare al meglio il mio tempo. 

Sono anche fermamente convinta della necessità di prendere i tempi cosiddetti "morti" e trasformarli in occasioni produttive. Anni fa per andare al lavoro dovevo sobbarcarmi un viaggio lungo e noioso. Invece di perdermi nei social media o nelle e-mail, l'ho trasformato nel mio personalissimo spazio da dedicare alla scrittura e al pensiero creativo. Si è trattato del periodo più fecondo sotto il profilo della creatività di tutta la mia vita. La pandemia ha naturalmente scompigliato le normali abitudini e i rituali della vita quotidiana, e portare a termine dei lavori, sia creativi che di altro genere, può essere una sfida. Ora non posso più fare affidamento sul mio momento di pendolarismo quotidiano. Ci vuole rispetto reciproco e comprensione con il mio partner per poterci prendere cura a turno di nostro figlio per rispettare una scadenza o prendere un nuovo progetto, e a distanza di un anno abbiamo trovato la nostra routine. Sono fortunata anche ad avere dei familiari che abitano vicino e che possono dare una mano con poco preavviso. Chiedere aiuto può essere difficile, ma sto imparando a ricordarmi che le persone sono sinceramente intenzionate ad aiutare e a vederti raggiungere il successo. Anche loro ricavano dei vantaggi da questo.  

Detto ciò, il fattore più importante rimane sempre quanto ti piaccia un progetto. Anche se sei consapevole del momento in cui riesci a lavorare al meglio e sei capace di ricavare regolarmente del tempo per farlo, se non sei realmente attratto da un progetto sarà difficilissimo non farsi distrarre dalle incombenze della vita di tutti i giorni e dagli ostacoli del processo creativo. Devi volerlo con tutte le tue forze. Quando la "fame" c'è, diventa tutto più semplice da gestire.

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