Chef
Danny Bowien
Lo chef e proprietario di ristoranti Danny Bowien utilizza Squarespace per condividere le sue creazioni culinarie.
"Non devi per forza adattarti a un determinato modello. Puoi crearne uno tutto tuo. E così ho fatto."
Domande e risposte conDanny Bowien
Come ti chiami?
Mi chiamo Danny Bowien e sono il proprietario del ristorante Mission Chinese Food, con sedi a New York e San Francisco.
Da dove vieni?
Sono originario della Corea, ma sono stato adottato quando avevo tre mesi e sono cresciuto a Oklahoma City fino all'età di 19 anni. Quindi sono coreano, ma sono cresciuto negli Stati Uniti e i miei genitori adottivi erano americani.
Quando hai deciso di voler diventare uno chef?
Da piccolo, mi sentivo un pesce fuor d'acqua, anche in cucina. Quando i miei amici si riunivano, ero io quello che cucinava e organizzava feste. Mi piaceva davvero intrattenere la gente. Quindi, ho pensato: "La scuola di cucina sembra una prospettiva divertente ed è anche un ottimo modo per andarmene dall'Oklahoma". Così, a 19 anni mi sono trasferito a San Francisco.
Ho frequentato una scuola di cucina per tre anni, ma in quel periodo non ho mai lavorato in un ristorante. Avevo un impiego presso alcuni negozi di abbigliamento e intanto stringevo nuove amicizie. Dopo essermi trasferito a New York, ho completato il mio stage all'età di 22 anni e ottenuto il mio primo lavoro in cucina. Lì ho capito che desideravo davvero cucinare, perché mi piaceva intrattenere le persone e farle sentire a proprio agio. Ecco come mi sono avvicinato alla cucina.
"Desidero che le persone visitino il nostro sito e vi scoprano qualcosa di totalmente diverso, che rispecchia quello che facciamo nel ristorante. Volevo che fosse un sito fruibile e alla portata di tutti. È molto facile da utilizzare e anche divertente."
Perché pensi che non sentirsi a proprio agio sia una buona cosa?
Ho trascorso la gran parte della mia giovinezza cercando di inserirmi nella comunità in cui vivevo. Probabilmente ero l'unico bambino coreano della mia scuola. Poi mi sono reso conto che non ero me stesso e neppure sapevo chi fossi realmente. Quindi ho capito che non dovevo necessariamente essere come gli altri. Non devi per forza adattarti a un determinato modello. Puoi crearne uno tutto tuo. E così ho fatto. C'è voluto del tempo. Ci sono riuscito a 26 anni. Ho lavorato per anni come cuoco per altri, spaziando dai locali raffinati ai ristoranti giapponesi o californiani di San Francisco. Non avevo una mia identità, mi sentivo solo parte dell'idea di qualcun altro. Le persone mi chiedevano "Che cosa ti piace cucinare?" e io non sapevo cosa rispondere.
Ho capito di non essere in grado di adattarmi a modelli imposti da altri e questo mi ha spinto a mettermi in gioco in prima persona. Questa decisione mi ha dato la libertà di fare quello che realmente volevo fare.
Cosa ne pensi della libertà di lavorare per te stesso?
Senza dubbio, la lezione più importante che ho imparato, come capo e proprietario di un ristorante, è che non si ha sempre ragione, e che imparare dai propri fallimenti è fondamentale. Nessuno è perfetto e tutti commettiamo degli errori. Bisogna rischiare e accettare il fatto che le cose potrebbero andare diversamente da come ci si aspettava, ma alla fine si impara sempre qualcosa e si migliora.
Penso che questo sia l'aspetto del mio lavoro che più apprezzo, ossia che umiltà e serietà sono qualità imprescindibili per avere successo. Quando sei sia lo chef che il proprietario del locale, nessuno ti dirà mai "questo piatto ha un sapore un po' strano" o "questa sera il servizio non è stato dei migliori", quindi devi davvero essere molto aperto e consapevole di non avere tutte le risposte.
Pensi di esserti realizzato nel campo della ristorazione?
Sono convinto di avere superato le mie aspettative, nella vita in generale. Sicuramente è difficile, a volte stressante e i rischi sono notevoli, ma mi reputo una persona molto fortunata. È come avere dei figli. Non importa quello che dicono gli altri sulle scelte giuste o sbagliate per loro, sta solo a te decidere. È la tua avventura.
Puoi parlarci di un piatto o di una ricetta che hai creato e di cui sei particolarmente fiero?
Probabilmente si tratta del piatto che mi ha permesso di conoscere la cucina del Sichuan. Ricordo chiaramente quel giorno: avevo 26 anni, ero a San Francisco e pioveva. Ero in compagnia del mio amico chef Brandon Jew, che mi disse: "Hai mai provato un ristorante che si chiama Spices II?". Ci andai e provai il mapo tofu del Sichuan per la prima volta.
Ero cresciuto mangiando mapo tofu, che è un piatto a base di tofu, carne di maiale e l'onnipresente salsa marrone, a volte con l'aggiunta di piselli surgelati. Tuttavia, quello che assaggiai quel giorno era completamente diverso. C'erano la carne di maiale e il tofu, ma erano accompagnati da una salsa densa e molto piccante, che ricordava un po' il gravy. Non riuscivo a smettere di mangiare, era come una droga. Fu un'esperienza davvero intensa, come ascoltare una canzone per la prima volta. Insomma, mi colpì molto. Pensai: "Cosa c'è dentro e come posso prepararlo?"
Quando abbiamo creato Mission Chinese Food, questo è stato il primo piatto che ho voluto provare a preparare. Non ero mai stato in Cina né a Chengdu e nemmeno nella provincia del Sichuan. Quindi, la prima volta che ho cucinato questo piatto, ho mescolato circa 33 ingredienti. Ora, ne uso solo 12.
Direi che il mapo tofu è il piatto che mi rende più orgoglioso, perché mi ha permesso di capire molto di me stesso, oltre a insegnarmi l'importanza di pormi dei limiti. Non è necessario complicare troppo le cose. Inoltre, è stato il piatto che mi ha fatto apprezzare la cucina del Sichuan. Racconta molto di me stesso e dei risultati che ho ottenuto.
Come trovi l'ispirazione?
Oggi, la mia ispirazione proviene da molte fonti. In passato, mi limitavo a mangiare in diversi ristoranti, osservare attentamente i piatti, leggere articoli di cucina, ma, a essere onesti, mi sentivo stanco e annoiato. Avevo la sensazione di imparare le stesse identiche cose che imparavano tutti gli altri.
Ora non mi ispiro più solo al cibo. Anzi, è esattamente il contrario. Magari l'ispirazione mi viene al parco, mentre gioco con mio figlio — lo so, suona un po' stucchevole — o quando vedo le foglie cadere a terra. E mi ritrovo a pensare: "Wow, che meraviglia, che orchestrazione... riuscirò a trasporre tutto questo in un piatto?". Molte volte, quando mi siedo a scrivere un menù, se qualcosa colpisce la mia attenzione, ad esempio delle foglie che cadono a terra, prendo degli appunti. Alla fine, mi ritrovo davanti un lungo elenco di termini e frasi astratte, sforzandomi di ricordare. E questo processo stimola la mia creatività.
Danny condivide la sua passione con il mondo grazie a Squarespace.
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